Come è fatta una fossa biologica
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Come è fatta una fossa biologica

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Come è fatta una fossa biologica

Come è fatta una fossa biologica? A prima vista potrebbe sembrare solo una “vasca interrata”, ma in realtà è un impianto molto più ingegnoso di quanto pensi. È progettata per raccogliere e trattare le acque reflue domestiche, in particolare quelle provenienti da WC, docce, lavandini e lavatrici, in assenza di un collegamento diretto alla rete fognaria.

Una fossa biologica è generalmente composta da una o più vasche in:

  • cemento armato ( molto resistente e duraturo );
  • polietilene o PVC ( più leggeri e facili da installare );
  • vetroresina ( ottima per terreni difficili o zone con falde alte ).

 

In breve, una fossa biologica è fatta per: separare solidi e liquidi, favorire la decomposizione naturale dei rifiuti organici e permettere il drenaggio controllato delle acque chiarificate.

 

Come è strutturata una fossa biologica?

La struttura interna di una fossa biologica è pensata per ottimizzare il trattamento delle acque reflue in modo naturale. La vasca è suddivisa in comparti comunicanti, ognuno con una funzione specifica, e questo rende l’intero sistema più efficiente.

Ecco come funziona, passo dopo passo:

  • primo comparto: è la zona di ingresso dove arrivano i liquami. Qui avviene la separazione dei materiali più pesanti, che si depositano sul fondo formando i fanghi. I materiali più leggeri ( come oli e grassi ) tendono invece a galleggiare in superficie;
  • secondo comparto: l’acqua parzialmente chiarificata passa al secondo stadio, dove subisce un ulteriore processo di decantazione. Qui vengono trattenute altre particelle solide residue;
  • terzo comparto: rappresenta la zona finale, dove si trovano le acque ormai chiarificate, pronte per essere smaltite o disperse nel terreno.

 

L’intero processo avviene in modo naturale e continuo, senza l’uso di energia elettrica o prodotti chimici. Le caratteristiche principali della struttura sono:

  • ingresso delle acque reflue;
  • compartimenti di sedimentazione e chiarificazione;
  • sistema di uscita per il drenaggio delle acque trattate;
  • eventuali tubi di ventilazione, indispensabili per lo smaltimento dei gas prodotti dai batteri.

 

 

Dove scarica l’acqua la fossa biologica?

La risposta dipende dal tipo di impianto e dalle condizioni del terreno, ma in generale, l’acqua chiarificata viene scaricata nel sottosuolo in modo controllato.

Ecco i metodi più comuni:

  • pozzo assorbente: una cavità nel terreno riempita con ghiaia o pietrisco che permette all’acqua di filtrare lentamente nel suolo;
  • trincea drenante o campo di dispersione: una rete di tubazioni forate che distribuisce l’acqua su un’ampia area, favorendone l’assorbimento naturale da parte del terreno.

 

 

Cosa va a finire nella fossa biologica?

Capire cosa finisce nella fossa biologica è fondamentale per evitare intasamenti e problemi di funzionamento. In pratica, nella fossa vanno tutte le acque reflue di origine domestica, ma bisogna fare attenzione a non introdurre materiali non biodegradabili.

Ecco cosa può andarci:

  • acque del WC (contenenti feci, urina, carta igienica biodegradabile);
  • acque di lavandini, docce, lavatrici e lavastoviglie;
  • residui organici e saponi biodegradabili.

E invece, evita assolutamente di buttarci:

  • salviette umidificate, anche se “biodegradabili”;
  • oli e grassi da cucina;
  • prodotti chimici aggressivi (candeggina, acidi, solventi);
  • pannolini, assorbenti, cotton fioc;
  • rifiuti solidi o materiali plastici.

 

Il problema di questi rifiuti? Rallentano la decomposizione, danneggiano l’equilibrio biologico e possono causare intasamenti o cattivi odori. Meglio prevenire che dover chiamare per un’emergenza.

 

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